Istinto & Psche aderisce alla Rete di Psicologia Sociale per venire incontro alle esigenze di tutte le persone, anche con quelle con difficoltà economiche.
DI COSA SI TRATTA?
Negli ultimi anni a causa dei tagli della spesa e del personale si è palesata la sempre maggiore difficoltà del Servizio Sanitario Nazionale nel far fronte alla mole di richieste di aiuto da parte dei cittadini.
Una recente ricerca della Società Italiana di Psichiatria, evidenzia come circa 17 milioni di italiani soffra di problemi nell’area della salute mentale (disturbi d’ansia, depressione, insonnia, disturbo post traumatico da stress).
Parallelamente a ciò si assiste ad un aumento dei tempi di attesa per poter accedere ad una risposta di tipo professionale da parte dei servizi pubblici, con una conseguente tendenza a rivolgersi al privato. Molto spesso tale scelta è accompagnata da una dose di diffidenza e di disorientamento, portando il cittadino a chiedere aiuto solo nei casi ormai giunti ad un livello di criticità profonda.
Solo l’8-16% di persone che presentano una problematica di questo tipo incontra un professionista, e solo il 2-9% riceve un trattamento adeguato (percorso di psicoterapia e farmacologico). Questo dato pare ancora più allarmate se si tiene in considerazione il ruolo di un intervento tempestivo nel prevenire lo strutturarsi di quadri psicopatologici. Si pensi ad esempio all’importanza della diagnosi precoce nell’infanzia.
Oltre ai danni in termini di sofferenza del singolo tutto ciò ha delle ricadute dirette sull’intera società.
In questi ultimi anni ad esempio l’aumento di casi di persone che soffrono di depressione ha catturato l’attenzione della comunità mondiale. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) individua nella depressione il male del XXI secolo. Tale forma di sofferenza è al momento la prima causa al mondo di disabilità creando un costo (diretto e indiretto) per la sola Europa di 92 miliardi l’anno (studio J. Olesen pubblicato su Neurology).
La stessa OMS fornisce linee guide per affrontare problematiche legate alla salutementale dei cittadini facendo riferimento al concetto di promozione del benessere psicologico. Il percorso da intraprendere si dovrebbe muovere su due binari paralleli: da una parte facilitare l’accesso del cittadino ai servizi di cura e sostegno alla persona e dall’altra impegnarsi in un’opera di sensibilizzazione della cittadinanza riguardo a tematiche centrali per la promozione della salute per contrastare i pregiudizi nei confronti dell’aiuto psicologico/psichiatrico.
Diverse sperimentazioni e realtà sul territorio italiano ed europeo portano interessanti riflessioni nel campo dell’innovazione sociale nell’ambito della salute mentale. Tali considerazioni sono state lo spunto da cui ha preso corpo l’azione delle varie realtà confluenti alla Rete di Psicoterapia Sociale.
Innanzitutto l’importanza di poter intercettare il prima possibile il cittadino che sta vivendo un particolare momento di difficoltà (legata al ciclo di vita, eventi circostanziali: lutti malattia, licenziamenti ecc.) o che presenta un disturbo psicopatologico per offrire un aiuto immediato per limitare una degenerazione della sofferenza e/o una sua strutturazione e cronicizzazione.
Ricordiamo lo studio del professor Solano di Roma sulla collaborazione tra psicologi e medici di base come tentativo di poter intercettare già nei primi colloqui dal medico di base la sofferenza psicologica portata dal paziente. I risultati di questa esperienza mostrano un migliorato della qualità di vita e una riduzione della somministrazione di farmaci da parte dei medici di base
Diviene fondamentale prendersi cura della persona a 360° grazie alla costruzione di una rete multi-professionale con cui sia possibile confrontarsi e collaborare. Con ciò intendiamo il continuo scambio non solo con i medici di base, psichiatri ma anche con enti pubblici (ASL, scuole, servizi socioassistenziali, educativa territoriale) e privato sociale ad es. associazioni di volontariato, liberi professionisti.
Tutto ciò sembra poter avere delle importanti ripercussioni anche a livello di Sistema Sanitario Nazionale. Basti pensare alla diminuzione gli accessi impropri al pronto soccorso, le richieste inappropriata di esami di laboratorio e strumentali e l’abbattimento dei costi sociali derivanti dalla sofferenza che non viene presa in carico.
Si pensi ad esempio allo studio IAPT in Inghilterra in cui fornendo un intervento tempestivo da parte di equipe multidisciplinari in casi di depressione hanno testimoniato una riduzione dei i costi sociali (in ottica di giorni di assenza lavorativa prolungata) tali da portarli ad affermare che “la psicoterapia si paga da sé”.
Vogliamo anche ricordare come lo stato di salute sia legato a doppio filo alle determinanti sociali: sia per un fenomeno di causazione sociale per cui le pressioni ambientali determinate da una bassa condizione sociale possano essere psicopatogene, sia per selezione sociale per cui un preesistente disturbo possa condurre ad una condizione sociale deteriore. Ciò porta a pensare all’intervento clinico in un’ottica che comprenda un’azione non solo verso i singoli individui, ma anche ai contesti psicosociali di vita.
Diviene dunque prioritaria un’azione di promozione di contesti capacitanti, ovvero contesti in grado di facilitare gli individui nell’utilizzo delle risorse di cui dispongono. In altri termini l’obiettivo di un percorso psicologico non sarà dunque più quello adattivo, in cui lo psicologo aiuta il paziente ad adattarsi alla società, al contrario sarà quello di contribuire al cambiamento della società perché questa possa meglio rispondere ai bisogni della popolazione.
Vorremmo continuare questa riflessione articolando brevemente quali sono i grandi limiti alla quale la psicologia clinica e la psicoterapia sono soggette qui in Italia:
– a tutt’oggi la psicoterapia è considerata dalla sanità pubblica come una sorta di grazioso accessorio non necessario. In tutti i luoghi pubblici, deputati ai servizi psicologici, le risorse sono sempre minori: gli psicologi andati in pensione non vengono sostituiti e la maggior parte dei servizi sono retti da specializzandi delle scuole di specializzazione in psicoterapia, che svolgono gratuitamente il loro tirocinio;
– nel 2006 il Professor Luigi Cancrini, eletto senatore, presentò una proposta di legge per istituire il servizio di psicoterapia convenzionata con il sistema di sanità. Tale proposta fu bocciata soprattutto per il muro di scudi levato dalle Associazioni della Psicologia, che temevano di dare troppo potere ai medici, che dovevano essere coloro che espressamente mediante un’impegnativa medica richiedevano una psicoterapia per i pazienti. Oggi non è politicamente più percorribile questa strada per le attuali politiche di taglio della spesa pubblica;
– da anni, a più riprese, l’Ordine Nazionale degli Psicologi propone varie possibilità per istituire lo psicologo di base, da affiancare al medico di base. Lodevole iniziativa, ma che si andrà sempre a scontrare con le attuali politiche di taglio della spesa pubblica.
Cosa è dunque possibile fare?
Stiamo cercando di creare una Rete di Psicoterapia Sociale, cioè una rete di centri di psicoterapia, di vari orientamenti, dove chi ha bisogno può ricevere aiuto, consulto, orientamento e sostegno psicologico da professionisti in tempi rapidi e a costi sostenibili.
Una breve parentesi sul fatto che in questa rete di centri di psicoterapia siano presenti orientamenti diversi. Allo stato delle attuali conoscenze non abbiamo un “supermodello” di psicoterapia, ma i diversi approcci alla psicoterapia vanno considerati come diversi elementi che costruiscono le basi di un approccio psicoterapeutico che sia realmente efficace: quindi avere molteplici orientamenti è garanzia di un arricchimento metodologico, così da avere una visione della cura psicoterapeutica il più ampia e completa possibile.
Quali sono gli obiettivi della rete di psicoterapia sociale?
A lunga scadenza vorremmo aprire un dialogo proficuo con le istituzioni deputate alla prevenzione e cura della Salute Mentale, superando la dicotomia pubblico/privato, per riuscire a soddisfare quei bisogni dei cittadini che sul territorio non sempre riescono a trovare un’adeguata risposta. Inoltre molti, soprattutto chi fa parte delle fasce socioeconomiche più svantaggiate, proprio quelle persone che più di altre avrebbero bisogno di maggior tutela, attualmente non possono permettersi di rivolgersi al mercato privato, date le tariffe troppo onerose di molti professionisti.
Nella filosofia della rete di psicoterapia sociale si pone grande attenzione alla prevenzione della salute mentale. Ogni centro cerca di rispondere in tempi rapidi alle richieste di aiuto psicologico, tempi che nel pubblico purtroppo si dilatano all’infinito, per intervenire il prima possibile rispetto alla richiesta di aiuto per una problematica, evitando che diventi troppo grande e si cronicizzi. Questo è un buon esempio della cosiddetta prevenzione secondaria.
In ogni centro della rete uno degli imperativi è l’alta accessibilità: intesa come rapidità dei tempi di accettazione delle richieste di aiuto e particolare attenzione alle fasce economicamente deboli, cercando di stabilire con il paziente un adeguato onorario per l’aiuto ricevuto, che tenga presente le sue reali possibilità economiche.
Altro punto ritenuto fondamentale dalla rete di psicoterapia sociale è considerare il lato clinico e quello politico come due facce della stessa medaglia: valorizzando i risvolti sociali del lavoro clinico, considerandolo come un atto che incide sul contesto nel quale viene eseguito. Viene prestata grande attenzione a quelle dinamiche sociali e geopolitiche che influiscono specificamente sul benessere psicologico della comunità e delle persone. La rete di psicoterapia sociale vuole porsi come luogo di raccolta della testimonianza dei malesseri sociali contemporanei, nel tentativo di portare l’attenzione della società alle problematiche attuali.
Cerchiamo infine di presentare più nel dettaglio la Rete di Psicoterapia Sociale che si sta creando nel territorio Piemontese. I centri che attualmente hanno aderito alla Rete sono 7. Le varie realtà non sono presenti solo nella città di Torino, ma si estendono anche in altre province del Piemonte.
I vari centri hanno aperto in tempi diversi, ma confrontando il proprio operato all’interno della rete si è visto come ci sia una casistica di pazienti comune all’interno delle varie realtà:
– “casi prepatologici”: un primo caso riguarda le persone che non presentano un vero e proprio disturbo diagnosticabile (come per esempio una depressione, attacchi di panico…), ma presentano una difficoltà all’interno della loro vita che provoca malessere e sofferenza (Es: rotture e difficoltà relazionali, licenziamenti, gestione dei figli…)
– psicopatologico “lieve”: un secondo caso riguarda persone che qui per comodità definiamo come persone che presentano una sintomatologia psicopatologica lieve, tra virgolette, pur non essendo assolutamente lieve. Parliamo infatti di depressione, disturbi d’ansia, disturbi alimentari… Purtroppo però attualmente i servizi pubblici si trovano costretti a dare la priorità ai casi psichiatrici gravi, e non hanno le risorse sufficienti per prender in carico queste persone per una psicoterapia, seppur sarebbe di grande beneficio come ampiamente dimostrato dalla letteratura. In alcuni casi vengono offerti al massimo dei cicli di terapia breve (massimo 8-16 colloqui) che però certamente non possono garantire un’efficacia pari a un percorso terapeutico “classico” in cui non si pongono limiti di colloqui, ma ci si prende tutto il tempo necessario per ogni singola persona.
– impossibilità economica: il terzo caso riguarda persone accomunate da una grossa difficoltà economica che evidentemente non possono rivolgersi a un privato troppo oneroso, quindi la possibilità di accedere a dei centri che si occupano di psicoterapia sostenibile è stata per loro decisamente importante.
Senza voler entrare troppo nel merito dei dati, ci teniamo comunque a presentare qualche numero rispetto agli accessi registrati negli ultimi 12 mesi.
Sommando i contatti dei singoli centri si raggiunge un numero di 629 accessi, intesi come presa di un primo contatto con il servizio.
Di questi, circa l’80% si è trasformato in una vera e propria presa in carico; in effetti 488 persone si sono fermate, per un periodo più o meno lungo, per intraprendere un percorso di diagnosi, supporto psicologico o psicoterapia.
Con questi dati non vogliamo giungere a nessuna conclusione, ma vogliamo portare in risalto la necessità effettiva che la popolazione presenta relativamente alla salute mentale, nonostante le varie difficoltà ancora presenti per abbattere il muro del pregiudizio che purtroppo la psicologia e la psicoterapia porta con sé.
La creazione di una Rete di Psicoterapia Sociale nella regione piemontese è attualmente una scommessa, un laboratorio, un work in progress, un grande progetto di alcune realtà che vogliono provare a dare voce al sentimento sempre più diffuso di una psicoterapia che non faccia solo clinica, ma che si prenda cura dei bisogni psicologici e sociali della popolazione, intendendo la psicoterapia come ricerca del benessere individuale e sociale.